In questo blog si parla spesso di psicologia della complessità. È arrivato il momento di porre una domanda cruciale: in che cosa consiste esattamente?
Possiamo rispondere riepilogando le principali tesi che, nel loro insieme, costituiscono il nucleo teorico essenziale di questo approccio.
1) Gli organismi viventi, le loro parti (cellule, tessuti, organi, apparati) e i sistemi da essi formati (stormi, colonie, organizzazioni) sono tutti descrivibili come sistemi complessi e ad essi si applicano i modelli e le scoperte degli studiosi di complessità. Classifichiamo questi sistemi come sistemi complessi di natura sostanziale. Sono sistemi complessi di natura sostanziale anche i sistemi artificiali (per esempio gli sciami di mini- o micro-robot) progettati dagli studiosi della cosiddetta intelligenza di sciame, i computer ad architettura parallela e tutte le reti artificiali i cui nodi interagiscano in modo stocastico.
2) Quando i sistemi complessi di natura sostanziale sono liberi di interagire con l’ambiente, si manifestano proprietà e fenomeni non riferibili alle componenti sistemiche singolarmente considerate. Queste proprietà e questi fenomeni vengono chiamati emergenti.
3) I fenomeni emergenti associati al funzionamento dei sistemi maggiormente complessi sono a loro volta descrivibili come sistemi complessi. Classifichiamo questi sistemi come sistemi complessi di natura processuale. Sono classificabili come sistemi complessi di natura processuale anche alcuni software creati al computer dagli studiosi della cosiddetta computazione emergente (intelligenza artificiale basata su reti neurali, vita artificiale, ecc.).
4) La mente umana può essere considerata un fenomeno emergente associato al funzionamento del sistema nervoso degli esseri umani; quest’ultimo può essere rappresentato come sistema complesso di natura sostanziale, mentre la mente può essere rappresentata come sistema complesso di natura processuale.
5) Considerata come sistema complesso, alla mente si applicano – oltre ai modelli elaborati dalla psicologia – anche i modelli elaborati dagli studiosi dei sistemi complessi. I modelli elaborati da alcune correnti della psicologia e quelli degli studiosi di complessità mostrano una straordinaria convergenza e possono pertanto essere integrati in un unico modello complesso della psiche.
6) Dal punto di vista strutturale, il modello complesso della psiche è convergente con il modello psicodinamico di Platone e Freud, con i modelli di Melanie Klein e di quanti hanno indagato gli oggetti interni della mente (tra cui Steiner, Laing e altri), con il modello sub-simbolico dei connessionisti e con i modelli multi-agente degli scienziati cognitivi (Selfridge, Minsky, Dennett, Hofstadter, ecc.).
7) Dal punto di vista funzionale, il modello complesso è la generalizzazione alle quattro Classi di Wolfram-Langton delle cosiddette teorie duali (sviluppate da autori come Neisser, Guilford, de Bono, Stanovich, Evans). Per motivi che non possono essere chiariti senza entrare nei dettagli, il modello complesso può essere chiamato modello di Klein-Wolfram-Langton.
8) Anche i macrosistemi di cui gli esseri umani fanno parte (famiglie, gruppi, organizzazioni) possono essere rappresentati come sistemi complessi e, come tali, ad essi si applicano sia i modelli elaborati dalla psicologia delle organizzazioni e dalla psicologia dei gruppi, sia quelli elaborati dagli studiosi di complessità; anche il modello di Klein-Wolfram-Langton può essere applicato proficuamente.
9) Psicologi e psicoterapeuti nella loro pratica psicoeducativa o clinica possono fare interventi coerenti con i capisaldi dell’epistemologia della complessità e con la modellizzazione complessa della mente e dei sistemi sociali. Sono coerenti gli interventi che tengono conto del principio di complementarità (logica dell’et-et), della necessità di un approccio multidimensionale e multiprospettico, dell’effetto farfalla e delle leggi del caos deterministico, del principio di emergenza e delle leggi dell’auto-organizzazione, della legge di Ashby-von Foerster, della legge di Pronovost, dei principi dell’ecologia dell’azione, del principio di subottimalità, del modello di Gawande, del modello della razionalità allargata-ecologica, delle leggi della governance della complessità, del modello della biodiversità cognitiva, del principio di prudenza, della connotazione positiva del conflitto e del disordine; e di molti altri princìpi e proprietà.
10) Quando un professionista della salute effettua interventi coerenti con i principi della complessità e con il modello di Klein-Wolfram-Langton, si può affermare che la sua pratica rientri nella psicologia della complessità, indipendentemente dal suo orientamento teorico o dalla sua specializzazione clinica.
L’epistemologia su cui si basa la psicologia della complessità è una prospettiva filosofica ormai consolidata: gran parte dei concetti e delle teorie che la costituiscono si sono sviluppati una quarantina d’anni fa. Analoga considerazione può essere fatta per i modelli psicologici che si integrano nei modelli della complessità andando a generare il modello di Klein-Wolfram-Langton; anche in questo caso si tratta di modelli elaborati da decenni, a firma dei più importanti esponenti delle principali correnti della psicologia del Novecento.
Dunque non si può certo dire che la psicologia della complessità si stia affacciando adesso all’orizzonte; al contrario, si tratta di un approccio fondato su teorie mature e collaudate e su punti di vista ormai penetrati profondamente nella sensibilità di molti professionisti della salute.
Tuttavia c’è ancora tanto da fare. L’espressione psicologia della complessità tarda a imporsi; e i modi in cui gli assunti teorici di questo orientamento possono essere calati nell’attività quotidiana di formatori e clinici vanno ancora precisati. Non esiste infatti un’unica strada verso la pratica della psicologia della complessità.
Nei post di questo blog verranno suggerite – a volte esplicitamente, a volte indirettamente – alcune possibili strade, alcuni modi in cui la psicologia della complessità può essere interpretata concretamente. Non abbiamo la pretesa che siano i modi più giusti e neppure che siano migliori di altri, sono però il frutto di un lunga “prova su strada”: chi scrive ha maturato venticinque anni di riflessioni su queste tematiche e oltre vent’anni di applicazione pratica della psicologia della complessità nei campi della riabilitazione psicosociale, della formazione e del coordinamento di professionisti sociosanitari.