Il Presidente e i suoi dilemmi

Il nostro blog dedicato a epistemologia, pedagogia e psicologia della complessità continua in piena pandemia da coronavirus. Nelle ultime 24 ore, solo in Italia, ci sono stati quasi 800 decessi all’interno della popolazione positiva al virus. Questa ecatombe giustamente monopolizza l’attenzione e l’emotività di tutti gli italiani e, sempre di più, dei cittadini di tutto il mondo. Tuttavia, come abbiamo detto, pur rimanendo la perdita di vite l’aspetto più rilevante, l’attuale emergenza ci offre l’opportunità di prendere confidenza con i termini e i concetti più ampiamente utilizzati dagli studiosi di complessità.
Nel post precedente abbiamo costruito un modello semplificato della situazione in cui si trova il Presidente Conte: nella nostra semplificazione, il Presidente deve operare una scelta tra contenimento del contagio e prevenzione della crisi economica. La complessità è data dal fatto che queste due opzioni sono non solo paragonabili per importanza ma anche conflittuali tra loro.
Naturalmente, il Conte reale, a differenza del nostro, non prende certamente le sue decisioni da solo: intorno a lui ci sono ministri, membri dello staff e consulenti che hanno un ruolo fondamentale nel consigliarlo e assisterlo. Potremmo forse rappresentarci questo insieme di figure come una rete di cui il Conte reale fa parte. Questa rete decisionale deve tenere conto di molti fattori, per esempio: la Costituzione (i decreti che firma Conte rientrano nelle prerogative del Presidente del Consiglio?); il rischio che le mafie mettano le mani sul fiume di denaro stanziato per affrontare l’emergenza; i rapporti con le istituzioni e i vari interlocutori europei; i sondaggi, che forniscono feedback su come i decreti di Conte spostino il consenso dell’elettorato; le strategie degli avversari (opposizione e nemici interni presenti nella maggioranza), che aspettano solo che il Conte reale faccia qualche passo falso nel gestire questa emergenza per attaccarlo politicamente.
Inoltre, soprattutto negli ultimi giorni, di fronte alla prospettiva di ulteriori restrizioni alle libertà individuali, molti osservatori hanno notato che i provvedimenti che il Governo sta prendendo per tutelare la salute pubblica confliggono con i diritti civili dei cittadini. All’inizio dell’emergenza Conte aveva detto che la priorità era tutelare la salute, affermazione che potrebbe sembrare insindacabile. Ma la questione è: fino a che punto le libertà individuali possono essere congelate per il bene della collettività? Esiste un limite oppure tutto dipende dalla gravità delle emergenze in atto? Posta così, la questione assume una connotazione più seria. Se per il bene collettivo occorresse non sacrificare dei diritti ma addirittura sacrificare delle vite? Sarebbe ancora lecito? E ancora: c’è un momento in cui uno Stato democratico, pur in una situazione di emergenza nazionale, cessa di essere una democrazia? Qual è questo limite? Chi lo conosce? Chi lo stabilisce?
Affronteremo in altre occasioni queste tematiche. Ora quello che più ci interessa sottolineare è la differenza tra la situazione del Conte reale e il nostro modello semplificato. Mentre il primo si trova a dover prendere decisioni tenendo conto di una grandissima quantità di fattori interagenti, nel modello semplificato Conte sembra invece trovarsi di fronte a un dilemma.
I dilemmi, anche chiamati dilemmi corneliani, sono situazioni in cui occorre decidere tra due opzioni entrambe inaccettabili.

Uno dei dilemmi più famosi è quello del treno che sta per investire cinque persone legate al binario. Il treno può essere deviato su un secondo binario dove si trova, legato, un solo individuo. Voi cosa fareste? Deviate oppure no il treno? Deviarlo comporta assumersi la responsabilità di decidere chi deve vivere e chi morire. Lasciarlo andare, non intervenire, significa accettare il destino, che ha stabilito che morissero le cinque persone. A quanto pare, la maggioranza delle persone non si fa problemi a mettersi al posto di Dio e risponde che devierebbe il treno. Meglio sacrificare una persona piuttosto che cinque. Ma se le cinque persone fossero pedofili? E se l’individuo legato da solo fosse uno scienziato che sta per trovare la cura per il cancro? Oppure un vostro conoscente? O peggio: un vostro familiare. E se fosse vostro figlio? Ora probabilmente la risposta cambia, vero? Ma se su un binario ci fosse vostro figlio e sull’altro non cinque estranei ma dieci? E se fossero 50? 500? E se fossero bambini? La trama si infittisce e il dilemma si fa sempre più agghiacciante.
Per quanto possano essere terrificanti, dal punto di vista della complessità i dilemmi sono situazioni altamente semplificate. Non a caso, di solito, i dilemmi sono situazioni ipotetiche il cui unico fine è farci riflettere su quanto sia difficile trovare criteri oggettivi e universali nei campi dell’etica e della filosofia morale.
La vita reale raramente ci pone di fronte a dei veri e propri dilemmi: la maggioranza delle situazioni reali sono meglio descrivibili come situazioni altamente complesse. Qual è la differenza?
In entrambi i casi, il soggetto si trova di fronte a due alternative, chiamiamole A e B. Nel dilemma, il soggetto deve compiere una SCELTA tra A e B; se potesse, eviterebbe entrambe, in quanto sia A, sia B portano a conseguenze inaccettabili. Nelle situazioni reali, invece, il soggetto è chiamato non tanto a una scelta, quanto piuttosto a una SFIDA: quella di capire come “scegliere sia A che B”; in questo caso, se potesse, il soggetto sceglierebbe una sola delle due strade, essendo difficilissimo percorrere entrambe contemporaneamente. Il dilemma è tanto più terribile quanto più indesiderabili sono le conseguenze delle due opzioni. Le situazioni reali sono tanto più complesse quanto più le varie opzioni sono importanti e conflittuali tra loro.
Questa riflessione consente di formulare una prima conclusione: ci rapportiamo ai problemi costruendone delle rappresentazioni semplificate che si basano sul principio di non contraddizione e che hanno la forma di un AUT – AUT; ma, se si adotta la prospettiva della complessità, ci si rende conto di come, per affrontare i problemi del mondo reale, occorra adottare una mentalità del tipo ET – ET (SIA – SIA), fondata non sulla mutua esclusione, ma sull’inclusione; sulla complementarità, più che sulla coerenza logica; non su successioni lineari, ma su processi paralleli. Torneremo ancora su questi concetti.

Il Presidente e i suoi dilemmi

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